
Continuiamo il ciclo d’interviste dedicate ai nostri collaboratori più assidui, attraverso il quale vogliamo mostrare la realtà della professione del traduttore e degli altri profili che contribuiscono alla frenetica attività di un’agenzia.
Le sorti della nostra azienda dipendono in misura diretta dalle prestazioni dei suoi collaboratori. Siamo molto fortunati, perché contiamo su un eccellente gruppo di professionisti che non smette di formarsi e di mettersi in gioco per affinare sempre più le proprie abilità e ampliare le competenze.
Camilla Pieretti è stata una delle nostre prime collaboratrici esterne, quando abbiamo deciso di occuparci più della gestione che della produzione. Ha studiato prima alla SSLMIT di Trieste e poi all’Agenzia TuttoEuropa di Torino, dove ha conseguito un master in Traduzione letteraria. Nel frattempo è riuscita a vivere a Granada, Damasco, Rabat, New York e in Nuova Zelanda, perfezionando le sue lingue di studio.
Oltre a essersi occupata della localizzazione di importanti siti di e-commerce internazionali, ha tradotto, tra gli altri: Le dodici vite di Alfred Hitchcock di Edward White, Il libro dei giochi di Michael Rosen, Il modo di dire addio di Leonard Cohen e I ricchi di Joyce Carol Oates per il Saggiatore, Led Zeppelin by Led Zeppelin per Rizzoli e svariati altri volumi.
Partiamo dall’inizio: da quanto tempo traduci?
“Ufficialmente” dal 2013, ma la passione è nata a 16-17 anni.
E come hai iniziato? Da quando collabori con Qabiria?
Leggendo Lo Hobbit in inglese e pensando che poteva piacere a mio fratello, per cui ne ho tradotte 60 pagine (che lui non ha mai letto), canzoni in rima e tutto. In ambito puramente lavorativo, invece, dopo una laurea specialistica nel settore e qualche sporadica collaborazione con case editrici e agenzie triestine, nel 2013 ho iniziato a lavorare con frequenza regolare proprio grazie a Qabiria.
Che cosa apprezzi di questa collaborazione?
Mi piace molto l’impostazione didattico-formativa che Marco e Sergio hanno sempre avuto nei confronti di tutti i loro collaboratori, la possibilità di confronto e la capacità di dialogo. In questi anni ho imparato davvero tanto (e un po’ spero di aver trasmesso a chi è arrivato dopo di me).
E che cosa miglioreresti?
Le tariffe... :P
Qual è il progetto più interessante a cui hai partecipato?
Nel 2021 un grosso studio di architettura statunitense mi ha commissionato la traduzione di testi e sottotitoli video per lo stand “Life Beyond Earth – La vita oltre la terra” alla Biennale di Venezia, un progetto di moduli abitativi da utilizzare sulla Luna davvero… spaziale! È stato molto emozionante sia approfondire l’argomento sia vederlo poi realizzato in mostra.
Com’è la tua giornata di lavoro tipica?
Inizio piuttosto tardi (da bravo animale notturno quale sono) e in genere cerco di occuparmi dei testi tecnici la mattina e di quelli letterari nel pomeriggio, perché spesso sono più lunghi e richiedono una maggiore concentrazione. Per il resto tra ginnastica presciistica, nuoto, amici, scialpinismo e attività varie non posso dire di avere una giornata “tipica”: il bello di essere freelance è anche che se esce il sole posso decidere di fare una passeggiata ogni volta che voglio!
Qual è attualmente la maggior sfida per un professionista della traduzione come te?
Riuscire a mantenersi competitivi sul mercato e a trovare spunti sempre nuovi, perché bisogna continuare a rinnovarsi e a espandere i propri orizzonti.
“Mi sono scoperta più forte, determinata e capace di reagire alle avversità di quanto non avrei immaginato e grazie a questo (e alla mia cocciutaggine) ho vissuto esperienze incredibili”
Nel tuo curriculum figurano le traduzioni di alcuni libri di discreto successo. Quali differenze o influenze reciproche riscontri tra i due approcci?
Sì, negli anni ho collaborato con varie case editrici, traducendo soprattutto (ma non solo) saggistica divulgativa sulle tematiche più diverse, dalla storia alla botanica, dalla musica alla cinematografia. Rispetto alla traduzione tecnica, la traduzione letteraria è molto diversa e, per me, “liberatoria”, nella forma come nella sostanza, ma non riuscirei a pensare di fare a meno dell’una o dell’altra, anzi, negli anni è stato interessante vederle intersecarsi.
Da traduttrice tecnica mi capita spesso di lavorare a progetti brevi, diluiti nel tempo o divisi tra più persone con cui non sempre c’è modo di confrontarsi, per cui è più difficile avere un’idea omogenea del progetto nella sua interezza. In questo senso è fondamentale l’uso dei CAT tool e delle memorie di traduzione, che aiutano anche con la terminologia e le ripetizioni presenti nel testo. Avere a che fare con un libro, invece, significa “immergersi” completamente in quel mondo per un certo periodo di tempo, fare propria la voce dell’autore e cercare di renderla al meglio nella propria lingua, lavorandola a poco a poco. Tuttavia, lavorare a testi letterari mi aiuta ad avere una mente elastica, creativa ed efficace anche per i testi tecnici, soprattutto nel marketing, mentre la buona preparazione tecnica mi ha aiutato ad affrontare anche i gerghi settoriali più difficili incontrati nei miei libri. Sono riuscita a trovare un “giusto equilibrio” tra i due mondi e non potrei esserne più soddisfatta.
Oltre a tradurre, come trascorri il tuo tempo?
Fino a prima della pandemia avrei risposto “viaggiando”: sono sempre stata affascinata da paesi e culture diverse dalla nostra, tanto che ho scelto di studiare arabo per cercare di saperne di più. Grazie al mio lavoro, ho potuto vivere vari periodi più o meno prolungati all’estero, immergendomi nella vita del luogo: dai tre mesi trascorsi in Siria, al Marocco e poi a New York, all’Australia, alla Nuova Zelanda, sono tutte esperienze che mi hanno arricchito moltissimo e regalato una visione più ampia del mondo che ci circonda.
Molti traduttori amano la montagna. Sarà la reazione alla vita sedentaria. Hai qualche storia memorabile?
Quando riesco a stare ferma in un posto solo per un po’ mi piace dedicarmi allo sport all’aria aperta e in particolare allo scialpinismo, che negli anni mi ha portato su e giù dalle montagne di tutto l’arco alpino e non solo: nel 2012 ho salito con gli sci anche l’Etna… in eruzione! Già salire con gli sci su un pendio innevato vista mare è una meraviglia non da poco, ma vedere il pennacchio di fumo che si innalza sempre più su davanti agli occhi, il vapore candido della neve che si scioglie, sentire il boato delle esplosioni e il sibilo rabbioso provocato dallo scontro tra neve e lava… quel giorno siamo tornati a valle quasi istupiditi dall’emozione. Prima o poi mi piacerebbe esplorare sci ai piedi anche in altre zone, come le Lofoten (Norvegia), il Canada o il Giappone, intanto mi tengo occupata accompagnando i partecipanti alle gite sociali e aggiornandomi con il corso Neve e valanghe della Scuola Righini (CAI Milano).
Quando la neve finisce, invece, mi dedico ad alpinismo, trekking e vela con gli amici… ma non disdegno neanche qualche bel pomeriggio sul divano con un buon libro.
C’è qualche viaggio che ha lasciato il segno più di altri?
Ognuno dei viaggi che ho fatto mi ha regalato qualcosa, dalla magia del deserto libico alle mie prime esperienze con la lingua araba a Damasco, dall’esplorazione solitaria di ogni angolo di New York ai road trip in Australia, tra guadi, incendi e animali strani.
L’anno trascorso in Nuova Zelanda nel 2019, poi, è stato davvero magico, perché mi ha permesso di riempirmi gli occhi di paesaggi meravigliosi, di entrare in contatto con una nuova cultura e una nuova lingua (māori), di scoprire animali che nemmeno sapevo esistessero e di mettermi alla prova sotto tanti punti di vista. Mi sono scoperta più forte, determinata e capace di reagire alle avversità di quanto non avrei immaginato e grazie a questo (e alla mia cocciutaggine) ho vissuto esperienze incredibili. Una su tutte: con un’amica – e una guida – ci siamo calate in una grotta sotterranea per fare black water rafting e vedere i glowworm, insetti bioluminescenti che emettono una luce azzurrina, per cui sembra di ritrovarsi sotto a un cielo pieno di stelle… sottoterra!!! Ad oggi resta una delle cose più straordinarie che io abbia mai visto.
Fotografia di Kiwi Cave Rafting
Come vedi il tuo futuro? Continuerai a tradurre o dedicherai più tempo alla tua passione? Tradurre è la mia passione!!! Detto questo, mi piacerebbe tantissimo riuscire a coniugare il mio lavoro con l’amore per l’ambiente invernale, traducendo letteratura di montagna. Ho anche un progetto editoriale per la testa, che però devo ancora delineare nel dettaglio… oltre a una lunga, lunghissima serie di viaggi in programma, naturalmente!
Seguici per non perderti le prossime interviste!